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Oceano mare interiore

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Ho passato un’estate in Grecia senza ferie l’anno scorso, anzi senza vacanze al mare. Me lo ero ricreato come potevo il mare dentro casa: sul letto lenzuola azzurre con conchiglie stampate, alle pareti un’improbabile ballerina in tutù che emerge dai flutti in trionfo, le dolci note al pianoforte di Einaudi della raccolta Le Onde e una lettura ad hoc, “Oceano mare” di Alessandro Baricco.  È stato scritto di tutto su quest’opera in tanti anni e non ho intenzione di farne una recensione io, però ci tengo a richiamare l’attenzione sui significati di questo racconto visionario e a scambiare commenti con chi l’ha letto

e magari ogni tanto lo risfoglia.

Una locanda in Francia, in un posto imprecisato sul mare, accoglie particolarissimi ospiti, per caso e per destino, fino a plasmarli e trasformarli dopo un viaggio dentro se stessi. L’uomo di scienza cerca di descrivere e catalogare i confini del mare, senza saper vedere quelli del suo cuore, il pittore vuole catturare l’essenza del mare dipingendo sulla riva con l’acqua salata tele che restano bianche,  una ragazzina debole viene spedita a trovare la cura alla sua paura di vivere, una bella signora ad espiare il peccato di aver voluto vivere, un sopravvissuto viene a compiere la sua vendetta coltivata per anni in terre lontane. È tutto fin dall’inizio così surreale e fantasioso, come il passato fiabesco dei personaggi, la loro univoca personalità, la situazione in sé, il posto stesso, che verrebbe da giudicare l’opera banale e azzardata, ma non riesco ad abbandonare la lettura di questo libro: nasconde un mistero, o forse più di uno, che non è una caccia al tesoro per bambini per trovare un sacco di monete da cento lire sepolto nella terra, è un fatto da adulti, è un messaggio per chi, nel corso della sua ordinaria esistenza, si è trovato a soggiornare una volta nella locanda Almayer e ne è tornato diverso da prima.  La locanda, che nel nome per assonanza rivela la sua natura (al-mare), è forse un non luogo, o il primo dei luoghi possibili, quello dell’anima, gestito peraltro da un gruppo di bambini, simbolo di purezza e verità, in veste quasi di angeli: folletti dai buffi nomi, Dira, Ditz, Dol, Dood, che vegliano alle finestre delle camere, regalano sogni, tengono compagnia e fanno da regia alle tappe della coscienza.

Il libro non cattura perché ci si può immedesimare in uno dei personaggi, ma perché ognuno di loro non è altro che la rappresentazione estrema della gente comune, o l’allegoria di un atteggiamento mentale, e allora il professore occhialuto scapolo può benissimo essere un vicino di casa, così come il parroco di paese con una missione in cui credere o un artista in cerca di ispirazione e purificazione.  Ognuno ha il suo stile nel parlare e nel mostrarsi agli altri e Baricco rende bene questa diversità nell’impiegare il tempo dell’attesa. Tutti qui infatti aspettano qualcosa: l’attesa dell’arrivo dell’amante, di una nave da dipingere, di un segnale di guarigione, del momento del pareggio dei conti, della fine del mare.

Mentre guardavo i miei amici tuffarsi in mare al tramonto, restavo seduta davanti alla riva, ascoltavo le onde srotolarsi lievi e mi facevo immergere dall’atmosfera di terre esotiche, come in un racconto di Salgari, che accolgono un naufrago che ritrova la sua umanità con l’esercizio costante del silenzio e della cura delle rose, o da quella di un ricco castello che racchiude un’anima fragile e timorosa, prigioniera di se stessa, mandata incontro alla vita o alla morte in una località di mare. Ma poi la fiaba si interrompe bruscamente al centro, come accade anche con l’episodio della guerra di trincea in Questa storia, sempre di Baricco: il racconto è lacerato dall’orrore della crudeltà, dal massacro degli uni contro tutti, in mezzo all’oceano che non salva, non nutre, non perdona, che non lava via le colpe, anzi le secca col suo sale.  Sopravvivergli ha un senso, quello di poter raccontare il mondo reale.

“Non si è mai lontani abbastanza per trovarsi”. In una notte anomala di forte vento e nera burrasca, in cui tutti i personaggi escono e si disperdono alla ricerca di una risposta, la ragazzina senza esperienza e il naufrago giardiniere si riconoscono e si scoprono l’un l’altro in un atto d’amore, che è un viaggio per lei e un ritorno all’anima per lui. Sono gli estremi opposti che si attraggono e liberano l’energia di tutta la locanda, di chi stava immobile ad aspettare che accadesse qualcosa; sono il giorno dell’esperienza che illumina la notte dell’incoscienza e dell’innocenza, la forza vitale che restituisce consapevolezza e identità, per iniziare a camminare da soli, chiamati prepotentemente dal destino. Il tutto riempie due pagine di poesia per immagini, suoni e sapori, in cui l’amore fisico non è un gesto scontato, ma è una comunicazione  dolce e profonda, che non ha bisogno di sentimenti e che non sazia fino a che non ci si è detti tutto. Da questa forza sprigionata nasce l’azione vera e ogni personaggio prende finalmente la sua strada.

La storia ha forse una trama primordiale ricca di simbolismi, in cui la scienza, l’arte, la passione, l’innocenza e l’istinto si incontrano negli abissi dell’inconscio, si conoscono e scoprono i loro destini, al termine di una ventosa burrasca, superata con qualche perdita e lanterne in mano alla ricerca della verità. Resta un mistero, la settima stanza della locanda, occupata da un solitario individuo, quasi invisibile ai più, come un essere superiore o l’autore stesso: è l’ultimo ad andare via, portando con sé la locanda stessa, che si alza in volo in una giornata di sole abbagliante, direi quasi il Mago di Oz dell’Almayer.

Richiudo il libro, con le pagine segnate e le orecchie agli angoli che profumano di sale, mi sdraio e metto su un CD,  andando direttamente all’ultimo brano del secondo disco di Federico Paolinelli, solo piano. E puntualmente le sue note mi trascinano in un volo all’aria fresca, veloce, travolgente, libero. Mai come ora questa melodia è stata accompagnata da immagini così vivide. Si intitola, guarda il caso: Sopra l’oceano.

P.S. A chi vuole viaggiare sull’acqua della musica, consiglio l’artista anconetano http://www.federicopaolinelli.it

Claudia A.

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